ABISSO

Ricco Epulone e povero Lazzaro. Tra loro l'abisso. Uno distanzia il ricco verso la fine di se stesso, lo allontana sempre più da se stesso, verso il nulla della morte e verso la punizione eterna, a mo' di contrappasso. Uno distanzia il povero dal ricco, verso il fine al quale il povero viene destinato a mo' di premio e di contrappasso. La parabola molto energicamente ci sottolinea l'urgenza del rapporto umano da vivere appieno, specie verso chi ha bisogno, per evitare di fare una brutta fine. A che vale avere tutto, se poi ti perdi? Sembra dire. Ogni comportamento induce una frattura se è disumano, recando come conseguenza una impossibilità di vita serena. Ciò che viene escluso appare invece privilegiato. Si sottolinea il valore che rimane al di là di tutto ciò che cade nell'abisso: l'umanità. Se non c'è questa, ogni ripensamento non ha più senso e non ha alcuna possibilità. L'abisso crea incomunicabilità sempre più netta tra chi sceglie di non condividere con l'altro. Il nulla anche nel presente è sempre alle porte, e squalifica ogni ricchezza, valorizzando chi viene escluso agli occhi della logica mondana. Un invito, quello della parabola, all'attenzione all'altro, per non perdere il meglio di se stessi: la vera ricchezza. Ogni strada epulonica finisce negli abissi, ogni incontro con l'altro crea il futuro di un mondo di speranza, di giustizia e di pace.

 

Chi crediamo di essere...

A volte, crediamo di essere quel che non siamo.

E così ci atteggiamo al mondo, coprendo con le parole quel che non siamo di fatto.

La parola blocca la visione dei fatti al di fuori della verità, e impedisce agli altri di incontrarci per quello che siamo.

Crediamo di essere qualcosa in più, e usiamo le parole per assurgere a nuove dimensioni impensate che ci facciano essere in considerazione più di quel che siamo.

Ma veniamo smentiti dai fatti, e allora le nostre parole appaiono solo giochi di falsità, svalorizzando anche il nostro mondo e facendoci apparire per quello che siamo: prestigiatori, che vogliono far credere quel che non è.

 

 

 

Non c'è ora che tenga

 

Per Dio non c'è ora che tenga, non guarda all'orologio nostro Lui.

Guarda in faccia alla persona, Dio, non a quello che guardiamo noi.

Le nostre visioni sono condizionate da quello che vediamo.

La veduta di Dio ha la libertà di vedere chi gli sta davanti.

Per Lui il tempo è quello del qui e ora, dell'adesso, non del calcolo.

La misura nostra è in base alle cose, quella di Dio è la nostra persona

Ecco perché le nostre visioni e ragionamenti sono diversi da Lui.

Imparare da Lui a vedere in libertà da tutto quello che c'è davanti,

senza pregiudizi e intermediari.

Dio non ha ore, è qui e ora.

Noi amiamo a ore e a misura.

Siamo amanti, sì, ma diversamente amanti.

70 volte 7

Il pensiero di calcolare il percorso e la misura del perdono vengono meno, in quanto il calcolo si estende oltre il matematico logico calcolo delle possibilità, quasi un modo per dire che non c'è limite nè misura là dove si pone l'ottica di Dio. Provare sempre al massimo delle possibilità non è roba umana, ma divina. Dio dona la sua misericordia dove l'uomo non la donerebbe mai. La misura è andare oltre il calcolo. Far dono del dono avuto. Se ti è data misericordia, misericordia devi dare. Non c'è altra scelta. Quel che ti è donato non è tuo, ma dono avuto, e che devi ridonare, a tutti i costi. Oltre i tuoi calcoli. Profittare dell'altro dopo aver ricevuto per te, è la grande tentazione. E l'altra, gemella, è dimenticarsi del dono avuto. Rendendolo diritto per sè e contro l'altro. Ma la misericordia è un boomerang: se la tiri, torna e te; ma se non la tiri, non ti torna. Rendendoti succube della violenza e della profittazione altrui. A scapito di te stesso.

VOLEMOSE BENE


A volte pare che il Vangelo sia un'occasione per far comunella, più che comunità, comunismo ideale senza comunione effettiva.
Ma ecco che se testimoniamo quello che ci dice Gesù, e non quello che noi gli facciam dire, rispecchiamo in noi e agli altri quella Verità sopra ogni cosa che crea il vero bene, fondato non sul piacere ma sull'amore.
 
Il piacere non accolto genera odio.
L'amore non accolto genera la croce.
Ma, in entrambi i casi, è vero anche viceversa.
 
Piacere di stare insieme, finchè tutto va bene; ma alla prova del fuoco, quando arriva la crucialità, come sarà?
Chi ci starà ancora a far comunella?
 
La croce genera amore, e proprio dalla croce siamo chiamati a dire e testimoniare quella Verità di Cristo che si fa in noi, e che fa superare il piacere nostro e altrui e va dritta al valore di ogni cosa.
Dire e fare questa Verità costa, e ci provoca contrarietà, ma è garanzia che è valore che sostiene la nostra e l'altrui vita.
 
Per amarci veramente, dobbiamo imparare e dirci la Verità di Cristo, e meno la nostra, intaccata e mascherata da piacere e egoismo.
 
 

VADE RETRO SATANA!

Tutto va bene finchè è secondo la logica umana, nostra.
Ma quando Gesù chiede oltre, ecco lo scandalo.
L'ostacolo.
Il fermo.
Il no.

Ma Gesù procede, scostandosi anche dal suo fidato ora traditore.
Pietro prima professa, poi sconfessa, appena vede la mal parata.
Facile credere, difficile crederci fino in fondo.
Credere in generale, sì, ma con la vita...eh, no!
Gesù rimette in careggiata chi si vuol defilare.

Il pensiero satanico è sempre alle porte.
Specie in chi si crede ormai arrivato.
O a posto in coscienza.
Illuso di credere.

Senza la croce il credere svanisce e tradisce.
La croce è il sigillo del credere.
Senza essa, c'è solo Satana.
Non si pensa più in Dio.
Secondo solo il mondo.

Credere è fare il salto dal mio io allo star con Dio.
Altrimenti, si finisce nelle fauci sataniche.
Scandalizzando, ostacolando, tradendo.

CHI E' GESU'?

Risposta alla domanda non è intellettuale.
Né a seconda di quello che si dice di Lui.
Non siamo nel settore razionale.

La risposta avviene nell'incontro personale.
Quando mi espongo, la domanda è illuminata.
Dallo Spirito.
Non dal sangue o dalla carne, cioè dall'umano.
Dalla fede.

Gesù della storia, tutti lo possono conoscere studiandolo.
Gesù del presente, lo si conosce solo amandolo per fede.
Nell'incontro.

Come tra noi.
Siamo invitati a conoscerci non per sentito dire.
Non da lontani.
Nell'incontro.