L'equilibrio dell'universo sta nel perdere
e non nel guadagnare.
Il Vangelo, questo lo aveva capito subito; per questo entra nell'universalità e non ne esce più.
Guadagnare, in senso materiale ma soprattutto morale, squilibria l'universo e chiunque nell'universo acquisisca(!) questa regola, che poi diventa sempre più mentalità ingombrante, pesante, preoccupante e squilibrante, sballando ogni tipo di equilibrio, in ogni settore della vita.
In effetti, l'universo è uguale a perdersi (non a perdere in se stesso!), perché esso è un nulla radicato non nel niente, ma nel positivo: nulla generante, generoso, libero, gratuito e positivo.
La mentalità fatta di esercizio quotidiano (rinnegando se stessi) dell'espellere la logica del profitto in se stesso per accedere al portale della naturalità e della naturalezza ci permette di perdere per accedere, di perdersi per ritrovarsi (sono ancora messaggi evangelici).
La radice del tutto è il nulla creativo e rinnovante; ogni formula di profitto che non faccia riferimento a questa radicalità si involve in esteriorità, ritualità, ripetitività sterile, ricatto, pessimismo, rivalità, con la conseguenza evangelicamente radiografata della crescita sproporzionata dei vizi capitali.
Perdere significa rinunciare al sé per il tutto, ed esserne non solo parte, ma partecipi.
Perdersi significa allora ritrovarsi nella identità pura, primordiale, originale, paradisiaca, naturale, senza fronzoli o accessori inutili e fuorvianti, senza interessi che non siano in sintonia con l'essenza, cioè con l'essenziale della vita.
Perdere e perdersi sono i sedili dell'altalena che ci permette di metterci in gioco nella vita con l'equilibro della serenità personale e universale, senza la quale anche il tutto è niente.