Re...del nulla?


“IO SONO RE”
Quando di tutto ciò che ho, nulla che trattengo su di me.
Il vero regno nell’uomo non è sulle cose e nemmeno sulle persone:
i re della terra, tutti quanti, restano invischiati e schiavi del loro regno,
dei loro averi e dei loro poteri, succubi alla tirannia sconsiderata dei loro sudditi,
che si approfittano sempre nei loro confronti.
Il vero regnante è colui che si disappropria e non si attacca a niente,
né a realtà materiali, né tantomeno a quelle spirituali e morali,
che spesso sono le più subdole, insidiose, ambigue e invischianti.
Io sono re di me stesso quando in me stesso non giace nulla e nessuno,
e tutto passa e tutti passano sul mio vivere.
Qualcuno dice di essere povero,
ma è tanto attaccato alla sua povertà, che ne resta schiavo.
Altri dicono di essere attaccati alla fede,
ma questa fede attaccaticcia è una colla potentissima che li rende fissi e ingessati
davanti alle esigenze dell’amore e alle realtà del mondo.
Altri si credono re perché bastanti a se stessi,
ma non si accorgono che il ‘basta’ non è altro che la parola indicante i bastioni,
i confini del mio io e delle mie chiusure
che mi rendono servo a me stesso e ai miei piaceri.
Ma allora, dove sta questo regno dell’uomo?
Nel non aver più nulla che gravi sul mio cuore,
che inquini la mia mente e che rovini la mia anima.
Ma come è possibile questo?
Attraverso l’incontro con la situazione che più da vicino e autenticamente
e oggettivamente rappresenta il nulla:la croce, la carenza, la piccolezza.
Più accogliamo le situazioni dove l’uomo è crocifisso e mancante,
più saremo re sul trono della verità; più accogliamo le situazioni di servizio,
più saremo adeguati e consacrati a regnare;
più siamo vicini al silenzio, alla morte delle nostre parole,
più ascolteremo ogni altra parola e saremo saggi nel regno dell’ascolto,...
Più raccoglieremo spazzatura, più saremo indicati come adatti a regnare.
Perché la forza del regno è regnare su noi stessi,
cioè gestire in noi il silenzio, il nulla, la morte, l’afflizione, la tristezza, la solitudine, la fame materiale e spirituale, la situazione di nudità e di carcerazione morale.
Più siamo in cammino nell’opera di eliminazione del potere di queste realtà che rendono il nostro cuore succube, più ci rendiamo conto di essere re.
Re dell’universo: del nostro personale universo e di quell’universo costituito dall’infinità di occasioni, di situazioni e di espressioni che ci vengono da fuori.
La verità del nostro essere re, la coscienza di esserlo, giacciono schiave nel nostro cuore: solo attraverso gli atteggiamenti operativi che il vangelo ci suggerisce potremo
far uscire questa realtà di noi; altrimenti, non solo siamo nell’anarchia del cuore, ma ognuno e ogni cosa avranno il sopravvento su di noi.
“IO SONO RE” quando non ho più nulla che mi lega, niente che mi stagna nel cuore, nell’anima e nella mente,quando tutto passa e nulla resta a me: allora sono un vero re.